IT | Advertiser Magazine: Viaggio Alla Ricerca Della Qualità
Intervista a Elisa Lupo, Direttore IAS Italia, per lo Speciale Video Advertising di Advertiser Magazine.
II vostro ultimo report evidenzia i livelli di Viewability nei formati video e mobile: quale segnale possiamo leggere in questi dati?
Abbiamo incluso in questa ultima edizione del Media Quality Report i dati riferiti ai formati video e mobile in Italia. Adesso possiamo fornire benchmark per formati display video e mobile. La base dati su cui tale benchmark è stato costituito ha preso in considerazione una significativa somma di dati per rendere statisticamente rilevante l’analisi. Capire le differenze tra dispositivi e formati è essenziale al fine di aiutare gli inserzionisti ad attrarre la loro audience. Lo studio evidenzia un progresso significativo e positivo per il settore della pubblicità digitale, con una percentuale più elevata di annunci che superano gli standard di viewability rispetto all’anno precedente. Il report rivela che il formato video ha livelli più alti di viewability rispetto alla display. Con il video su desktop si raggiunge il 68,8% di viewability mentre su mobile web si arriva sino al 70%. Si nota inoltre che la viewability della display sulle applicazioni mobile ha ancora margine di miglioramento, con il 46,9% della pubblicità considerata in-view.
Il modo di percepire la performance oggi è molto cambiato: quali metriche disegnano davvero l’efficacia di un video?
Prima della definizione di una metrica o di più metriche di performance video, bisogna assicurarsi innanzitutto che i video siano visibili, liberi da frode e posizionati all’interno del contesto adeguato e nell’area geografica di pertinenza – sia che si tratti di un acquisto in reservation o in programmatic. Non c’è nulla di più potente che ingaggiare i consumatori attraverso immagini, suoni e movimento, gli inserzionisti ne sono consapevoli. Man mano che la domanda di video advertising cresce, diventa fondamentale assicurarsi che gli spot video abbiano la possibilità di essere visti e ascoltati. In IAS ci spingiamo oltre le metriche base con lo scopo di fornire informazioni dettagliate su come, quando e dove gli utenti stanno interagendo con i formati pubblicitari. Il nostro obiettivo è quello di offrire dati necessari affinché i brand non solo possano ottimizzare le campagne attuali ma anche pianificare quelle future. Le nostre integrazioni con l’ecosistema tecnologico e le soluzioni pre-bid proprietarie ci permettono di offrire la migliore garanzia e impatto. I brand, a prescindere dalla metrica sulla performance, sanno che è fondamentale rimuovere ad fraud, brand risk e scarsa viewability. Infine, abbiamo introdotto una nuova metrica pubblicitaria: il time-in-view. Questa nuova metrica sposta l’attenzione dell’inserzionista su quanto tempo l’impression è rimasta in view. Prestare attenzione al tempo offre agli inserzionisti l’opportunità di ottimizzare le loro campagne grazie a una metrica dinamica piuttosto che a una condizione binaria come la viewability. Il time-in-view ottimale può variare a seconda del brand, della creatività o della piattaforma, offrendo ai marketers una gamma più ampia di dati da considerare nel momento in cui si ottimizzano le campagne al fine di ottenere il massimo impatto in base al proprio obiettivo.
User generated content vs contenuti professionali: quali sono le tendenze per il prossimo futuro?
Sappiamo che più di un miliardo di consumatori consulta Facebook quotidianamente e più di 200 milioni di utenti controllano ogni giorno il loro account Instagram. Il percorso dei consumatori è diventato social e molti brand lo hanno notato. Secondo eMarketer, gli inserzionisti investiranno più di 42 miliardi di dollari globalmente sui social media durante il 2019. Per questo hanno necessità di ricevere maggiore trasparenza e visibilità sull’efficacia dei loro investimenti. Con i contenuti user generated ci può essere meno trasparenza e, perciò, una maggiore esitazione da parte dei brand di collocare la loro pubblicità accanto a questo tipo di contenuti. Gli inserzionisti non sono sicuri che il contenuto si adatti o sia adeguato all’immagine del brand e al messaggio desiderato. Allo stesso tempo però abbiamo visto che le principali piattaforme di social media come YouTube, hanno fatto grandi passi per rispondere ai problemi di brand safety.
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